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Il Tennis del futuro c’è già stato!

Il tennis del futuro: sport innovativo o catena di montaggio?

Spesso negli sport si parla della necessità di apportare modifiche strutturali allo svolgimento della pratica sportiva in sé, puntando a massimizzare la qualità delle prestazioni collettive o cercando di costruire un gioco con modalità più rapide per rimanere di pari passo con il ritmo frenetico che scandisce quotidianamente il nostro lavoro, il nostro tempo libero, la nostra vita.

Dopo le importanti modifiche al gioco del calcio e della pallavolo, la sequela prosegue con il gioco del tennis. L’occasione è stata colta per le ATP Finals di Milano che si sono tenute dal 7 all’11 novembre 2017 e dove si è pensato bene di apportare qualche modifica al gioco con la speranza di ottenere quanti più consensi possibile dai giocatori in primis, a seguire dall’opinione pubblica in toto, nonché dall’intera categoria sportiva – allenatori, sponsor e stakeholders di varia natura.

I giovani tennisti della Next Gen a svolgere il ruolo di prime volenterose “cavie” nella sperimentazione delle regole, di conseguenza anche i primi giocatori in grado di poter comprendere appieno tutti i benefit ed i potenziali svantaggi delle normative in fase di approvazione. Esatto dai giovani, questo è il volere del Presidente ATP Chris Kermode; chi meglio dei tennisti con una concreta prospettiva agonistica, può testare più da vicino i potenziali cambiamenti?

Tennis del Futuro: quali sono davvero i cambiamenti rispetto a come lo conosciamo?

In effetti le modifiche pare abbiano soddisfatto le aspettative dei giovani giocatori e degli sponsor, grazie ad un gioco più veloce ed un impegno atletico più breve e concentrato.
Nella nuova ipotesi di strutturazione del gioco, le variazioni proposte più rilevanti riguardano senza dubbio la lunghezza del set, il quale passa da 6 a 4 games con eventuale tie break sul 3-3, nonché l’eliminazione dei vantaggi, ciò significa che chi prima conquista quattro punti all’ interno dello stesso game, lo vince.

Fazzoletto già in mano per i più affezionati all’old-standard system, i quali non potrebbero vedere più davanti ai proprio occhi alcuni episodi storici come la semifinale US Open 2013 tra Stan Wawrinka e Nole Djokovic i quali hanno combattuto per ventuno minuti prima di aggiudicarsi un singolo game ad inizio quinto set oppure l’irripetibile set conclusivo a Wimbledon 2010 tra Isner e Mahut, terminato 70 games a 68, dopo 11 ore di gioco, spartite su tre giorni.

Tra le altre modifiche la riduzione del riscaldamento pre-gara dai canonici 10-15 ai soli 5 minuti, nonché la restrizione delle tempistiche di gioco tra un punto e l’altro che non dovrà superare i 25 secondi, volto forse più a standardizzare le operazioni in un match di tennis che a velocizzarle, come in una catena di montaggio.

Modifiche meno rilevanti per gli amanti dello sport ma comunque restrittive per i giocatori, riguarda l’unificazione del tecnical time out e la diminuzione del dialogo tra il tennista ed il proprio coach, il quale potrà avvenire soltanto in momenti della gara prestabiliti. L’idea dei vertici ATP è quella ricordare a tutti i tennisti che questo è uno sport individuale incentrato prevalentemente sulla forza mentale, pertanto si è ritenuto giusto delimitare qualsiasi supporto esogeno ai giocatori, con l’intento di attribuire loro maggiori responsabilità.

Va detto che la logica di uno sport ci chiede fisiologicamente dei cambiamenti – soprattutto qualora si presentassero delle difformità di giudizio, interpretazioni ambigue di una normativa o semplicemente nuove esigenze da parte del pubblico. Non è giustificabile lasciare invariate le regole per decenni, si finirebbe col far perdere interesse a tutti gli appassionati, scivolando inevitabilmente in una persistente antistoricità.

Occorre però valutare meglio i tempi di inserimento delle nuove normative e la portata che esse comporterebbero in un torneo ATP o addirittura in uno Slam giocato da tennisti professionisti; non ha nulla di migliorativo in termini di qualità di gioco portare i tempi di battuta tra un punto e l’altro entro i 25 secondi, non stiamo parlando di robot né di prestazioni circensi fatte solo per divertire il pubblico, qui si parla di concentrazione e riflessione tecnica da parte di un giocatore che deve studiare i punti deboli dell’avversario per costruirsi più facilmente il punto.
Lo stesso si può dire per il riscaldamento pre-gara ridotto all’osso, con la conseguenza che il giocatore durante il match avrà più fatica a prendere confidenza con il terreno, con il pubblico, con l’avversario, probabilmente a svantaggio dello spettacolo.

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Il pensiero va un po’ oltre il ritenere questi cambiamenti utili solo al fine di velocizzare il gioco, nell’esclusivo interesse di chi assiste all’incontro, un’idea maliziosa ci porta a credere che forse queste modifiche vengano fatte anche per esigenze degli sponsor, dato che in uno slot televisivo predefinito se ci sono meno pause e l’incontro dura meno, ci sarà maggior inserimento di messaggi promozionali.
Quest’ultima tesi è in parte avvalorata dalle parole rilasciate da Chris Kermode, il quale ha più volte espresso lui stesso una certa perplessità circa alcune normative studiate a tavolino, in primis riguardo la riduzione delle tempistiche tra uno scambio e l’altro.
Certo, queste nuove “proposte normative” sono in fase di studio e di approvazione, non tutte verranno immediatamente assorbite dal sistema ATP, alcune verranno programmate tra qualche anno, altre forse mai.
Insomma, non è oro tutto quello che sembrava luccicare prima dell’effettiva attuazione delle varianti.

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