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Storia aneddoti e sfottò del Derby tra Boca e River

In Argentina si suol dire che i messicani discendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas mentre gli argentini discendono dalle navi.
C’è ovviamente del vero in questa frase, visto che si tratta dell’’unico Paese dell’America Latina la cui maggioranza della popolazione ha origine europea anziché essere nativa.
Questo mix ha finito col  caratterizzare gli argentini contribuendo a fondere un modo di essere che nel calcio li distingue  in qualsiasi parte del pianeta: per passione, mistica e garra.

Proprio nel barrio portuale della Boca attraccano le navi che portavano i primi migranti europei:
molti di loro sono italiani appassionati calciatori e fondano, senza saperlo, due club che finiranno per fare la storia ed anche il presente del calcio argentino.
L’umile quartiere accomuna infatti la fondazione sia del River Plate che del Boca Juniors fino a che il progresso non ha scisso due identità distinte per estrazione sociale, identificando il Boca con la classe operaia e di contro il River con la borghesia.

Un senso di appartenenza che nel tempo è diventato qualcosa di più importante visto che ancora oggi impatta sulla vita, con gioia e dolore, di tanti argentini.

Benvenuto alla Ballata sul Rio de la Plata

Lo stadio Monumental è la grande casa del River; uno stadio imponente situato a Núñez, un quartiere residenziale di alta classe.

A poca distanza da qui, nel popolare e turistico quartiere della Boca sorge la Bombonera che si dice abbia un cuore che pulsa, che batte e incute timore come in nessun altro stadio al mondo.
Si dice che qui la pressione dei fan non sia paragonabile a quella di nessun altro stadio. Attraverso le umili e pittoresche strade dei suoi dintorni si respira già l’atmosfera del calcio.

Ogni campo ha il suo segreto: se il Monumental intimidisce gli avversari con la sua grandezza, nella Bombonera la sensazione che il pubblico sia il dodicesimo uomo in campo si sente davvero e non un abusato luogo comune.

Buenos Aires è una città enorme con oltre 11 milioni di abitanti eppure quando Boca e River si fronteggiano diventa muta.

LA RIVALITA’ E’ GIA’ SCOPPIATA

È negli anni ’30 che tutto si accentua, proprio quando il calcio diventa professionistico. In questo periodo il River si trasferisce nell’elegante Barrio di Palermo a nord di Buenos Aires e con l’acquisto del giocatore più forte in quel periodo storico, Bernabé Ferreyra, si freggia del soprannome di “Millionarios”.

Nello stesso periodo uno straripamento delle fognature rende alquanto sgradevole il quartiere della Boca. I tifosi del River decidono di marcare ulteriormente la differente estrazione sociale acquisita ribattezzando con il dispregiativo “Bosteros” i rivali del Boca, i quali, lungi dal sentirsi offesi, adottano con orgoglio quel soprannome che tutt’oggi mantengono.
Per far passare il messaggio il più chiaramente possibile, i tifosi riverplatensi in quegli anni erano soliti presentarsi alla Bombonera con una maschera che li aiutasse a sopportare il nauseante odore delle fogne e lo stesso Bomber Ángel Labruna, emblema del River, per molti anni entrava in campo alla Bombonera tappandosi il naso nel classico gesto di evitare il puzzo (gesto ripetuto di recente dallo stesso Gallardo).

Quel controverso episodio del rigore

ll primo incontro tra le due squadre nell’era del professionismo si gioca il 20 settembre del 1931 e dura solo 29 minuti. Giusto il tempo di vedere il vantaggio del River ed il successivo contestato pareggio del Boca arrivato su calcio di rigore, ma con un’azione controversa. Il portiere del River para infatti il penalty e la successiva prima respinta salvo poi soccombere sul terzo tiro, vittima di una ( a quanto pare) evidente ed irregolare trattenuta da parte dell’attaccante del Boca. L’arbitro decide comunque di convalidare la marcatura, espellendo per proteste 3 giocatori del River e mentre sulle tribune cominciavano gli incidenti. Come segno di dissenso verso la decisione arbitrale tutti i giocatori biancorossi decisero di abbandonare il terreno di gioco facendo di fatto terminare prematuramente l’incontro.

La Tragedia della Porta 12

Nel 1968 l’Argentina è un Paese che vive un periodo molto duro della sua recente storia. Sono anni caratterizzati da una forte crisi economica e politica dove la violenza è ormai presente in ogni aspetto della vita del Paese e il calcio non fa di certo eccezione.
E’ in questo contesto che si gioca il Superclasico nel Giugno del ’68 al Monumental che diventa teatro suo malgrado di quella che ancora oggi è la più grave tragedia nella storia del Futbol Argentino contando ben 71 vittime.
La partita, caratterizzata da un clima teso sia sugli spalti che in campo, si avvia verso un opaco 0-0 e a 10 minuti dalla fine i tifosi ospiti del Boca decidono di lasciare il loro spicchio di tribuna avviandosi all’uscita, per l’appunto il Cancello 12.
Non si è mai saputo, nemmeno dalle indagini successive, se realmente quel cancello fosse chiuso, se la polizia avesse contribuito con qualche mossa a generare panico, o se entrambi i fattori abbiano scatenarono una calca di gente che ad un certo punto si è trovata in una vera e propria trappola mortale. Chi cade per terra non ha possibilità di rialzarsi e la gente spinge sempre di più in un imbuto che incanala verso la morte 71 persone quasi tutte giovanissime.

L’episodio del Gas Pimienta

Giovedì 14 maggio 2015, Boca e River si giocano alla Bombonera la gara di ritorno e quindi il passaggio ai quarti di finale della Coppa Libertadores. Quel giorno c’erano più di 1.300 poliziotti schierati, ma questo non ha impedito ai tifosi del Boca di introdurre materiale pirotecnico o striscioni offensivi oltre ad un drone che dall’alto calava un lenzuolo biancorosso che simboleggiava l’alluvione avvenuta nel quartiere a nord di Buenos Aires dove vi è la sede del River. Tutte avvisaglie di un clima incandescente.

Il piatto principale i tifosi della Doce lo hanno però servito quando la squadra del River rientrava in campo all’inizio del secondo tempo. L’Hincha boquense Adrian Napolitano detto “El Panadero” lancia verso i calciatori del River una sostanza tossica preparata in casa che provoca irritazioni e scottature a diversi giocatori. Una miscela fatta con acido, peperoncino e pepe di cayenna che manda fuori gioco Leonardo Ponzio, Matías Kranevitter, Leonel Vangioni e Ramiro Funes Mori oltre che mandare in tilt la partita con conseguente sospensione e squalifica di squadra campo e tifosi….

La scorciatoia per la gloria

La storia del Boca e del River è contraddistinta da grandi giocatori che hanno contribuito a rendere unica l’aurea di entrambi i club.
Maradona e Francescoli sono solo due citazioni di nomi di livello assoluto che hanno vestito una delle due gloriose casacche.

Ma ci sono storie di personaggi meno noti, anonime carriere che però si sono elevate a mito o leggenda nella storia intrinseca del derby di Buenos Aires: uno su tutti è il già citato Angel Labruna che ha vestito la casacca del River dal 1939 al 1959 e con i suoi 16 gol detiene il record di marcature siglate nella storia del derby.

Dall’altra parte invece un anonimo brasiliano, al secolo Paulo Valentim, che dal ‘60 al ‘64 disputerà 8 Superclásico mettendo a referto 10 marcature ed ispirando il coro della Bombonera “Tim, Tim, Tim … gol de Valentim”.
Tutto è questione di discussione tra River e Boca: il numero di giocatori convocati dall’albiceleste, le dimensioni dei loro stadi, il calore e l’appartenenza dei loro fan, i murales a supporto della squadra, la dimensione delle bandiere… Insomma Boca-River è una partita che non si vive solo in campo in quei 90 minuti: una settimana prima della partita tutto il Paese non parla d’altro. La settimana dopo è quella della resa dei conti.

Quando nel 1960 il River ha perso la finale della Libertadores, i giocatori del Boca hanno cominciato a chiamarli “Gallinas” (polli)”.
I tifosi del River rispondono iconizzando un maiale vestito con la maglia blu e gialla del Boca tirato fuori ogni volta che le squadre si incontrano e con cui Riquelme, schernito, farà i conti tante volte.

 

Quando nel 1996 il River va a Tokyo a giocare la finale della Coppa Intercontinentale contro la Juventus, i tifosi del Boca comprano tutte le maglie bianconere che riescono a trovare nei negozi di Buenos Aires per sfilare e sbeffeggiare gli odiati rivali.

La stessa cosa hanno poi fatto quelli del River nel 2000 quando il Boca gioca la sua finale contro il Real Madrid. Non c’è limite alla rivalità. Non c’è nazionalismo che tenga.

Di Padre in Figlio

La Cargada è un termine che esprime il concetto tutto argentino di scherzare, di prendere in giro.

E la cargada inizia subito dopo ogni Superclásico quando chi ha perso deve tenere botta e sopportare tutte le prese in giro che ormai al tempo dei social si perpetuano tra la vita reale e quella connessa con lo smartphone.

Questi sfottò sono fenomeni sociali: ad esempio l’anno 2000 che viene ricordato come l’anno del Boca in virtù del fatto che vinse sia il campionato di Apertura che di Clausura; al cospetto di un River Plate davvero impotente, Buenos Aires si è svegliata tappezzata di manifesti che raffiguravano un pollo su un divano in cura dallo psicologo.

Ma la cosa peggiore che possa capitare ad un tifoso del Boca o del River è avere un figlio che si identifica con lo storico rivale. Ecco perché in Argentina c’è l’abitudine di vestire i neonati con i colori di appartenenza già prima di lasciare l’ospedale in modo che si possa dire che è un tifoso fin dalla culla.

 

L’arcobaleno del calcio si riassume in pochi colori, sarà tutto blu e giallo o tutto bianco e rosso e ci sarà un solo punto in tutta la città dove si concentrano colori, suoni e passione.

Fino al prossimo Superclásico.

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